Definita la piccola Louvre degli Appennini, la Pinacoteca civica di Montefortino costituisce senza dubbio una raccolta di grandissimo valore storico-artistco. La selezione delle opere presenti riflette il gusto del proprietario, il geniale artista e collezionista Fortunato Duranti che, a partire dall'anno 1840 fece dono al Comune, “in assoluta e libera proprietà”, di oggetti di grande pregio, quali dipinti, stampe e disegni, raccolti durante i suoi molteplici spostamenti. Fu dunque da tanta munificenza - come annota il prof. Pierluigi De Vecchi - che la comunità di Montefortino si trovò, in una data quanto mai precoce rispetto all’evoluzione storica dei musei civici italiani, nelle condizioni di possedere virtualmente la prima pinacoteca pubblica delle Marche. Primato reso singolare dalla natura civica ed ‘extraterritoriale’ della raccolta, rispetto alle provenienze ecclesiastiche e locali di collezioni post-unitarie. Autorevoli interventi critici hanno dunque permesso di rilevare l’alta qualità formale dei dipinti ivi conservati, facendo intuire le notevoli abilità selettive del collezionista e possessore Fortunato Duranti. Tra le opere presenti si distinguono: il trittico di Pietro Alamanno che ritrae la Madonna con il Bambino tra i Santi Sebastiano e Cosa, una “Madonna con Bambino” di Jacopo del Sellaio, la grande pala di Pier Francesco Fiorentino, una lunetta attribuita da Zeri a Nicola di Maestro Antonio, il tondo del Perugino. Numerosi sono i bozzetti di Corrado Giaquinto, così come e i monocromi di Cristoforo Unterperger che, oltre a svelare la maestria dei due noti artisti, offrono un significativo apporto alla conoscenza della pittura romana del secondo Settecento. Il genere della Natura Morta è rappresentato significativamente dalle tele di Giovanni Spadino e Cristoforo Munari. Purtroppo, nel corso dei decenni, furti, sottrazioni, incuria e addirittura un’asta pubblica di cento pezzi deliberata nel 1930, hanno ridotto la collezione ai pur rispettabili numeri attuali (circa 170 unità, più numerosi disegni del Duranti stesso). In ogni caso il “corpus” delle opere tuttora presente costituisce un patrimonio di grande pregio, in un luogo inaspettato; uno strumento prezioso di conoscenza e di confronto con la civiltà che ci ha preceduto.
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